C’è un prima e un dopo nella storia della cucina italiana. E quello spartiacque che ha cambiato la nostra ristorazione ha un nome Gualtiero Marchesi. Considerato il più grande cuoco italiano di tutti i tempi, sempre stato un passo avanti a tutti gli altri Chef, un avanguardista dell’arte del cucinare, e non solo.

Proveniente da una famiglia di albergatori (Albergo Mercato). Nel dopoguerra si trasferisce in Svizzera, dove perfeziona la propria conoscenza culinaria, frequentando la scuola alberghiera di Lucerna. Rientra in Italia e rimane a lavorare per alcuni anni presso l’albergo di famiglia. Già qui propone una cucina d’avanguardia che attinge ai testi classici. Successivamente prosegue il suo perfezionamento di chef a Parigi.
Nel 1977 apre il suo ristorante milanese, conquistando lo stesso anno la prima stella Michelin, seguita dalla seconda l’anno successivo. A due anni dall’apertura i gastronomi Gault e Millau, nel corso di un’intervista al Time, lo annoverano tra i quindici ristoranti al mondo che preferiscono.
Nel 1985 è il primo chef italiano ad essere insignito della terza stella Michelin.
Nel 2008, sarà anche il primo, ma questa volta al mondo, a riconsegnarle tutte affermando: “Ciò che più m’indigna è che noi italiani siamo ancora così ingenui da affidare i successi dei nostri ristoranti – nonostante i passi da gigante che il settore ha fatto – a una guida francese. Che, lo scorso anno, come se niente fosse, ha riconosciuto il massimo punteggio a soli 5 ristoranti italiani, a fronte di 26 francesi. Se non è scandalo questo, che cos’è?” e aggiunge: “Quando, in giugno, polemizzai con la Michelin lo feci per dare un esempio, per mettere in guardia i giovani affinché capiscano che la passione per la cucina non può essere subordinata ai voti. So per certo, invece, che molti di loro si sacrificano e lavorano astrattamente per avere un stella. Non è né sano, né giusto».
È stato rettore dell’ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Parma e nel giugno 2006 fonda la Italian Culinary Academy a New York. Il 19 Marzo del 2010, in occasione dei suoi ottant’anni, nasce la Fondazione Gualtiero Marchesi che ha come missione la diffusione del bello e del buono in tutte le arti, dalla musica alla pittura, dalla scultura alla cucina. Tra i suoi allievi più noti ci sono Mirella Porro, Enrico Crippa, Carlo Cracco, Antonio Ghilardi, Ernst Knam, Karsten Heidsick, Lucia Pavin, Alessandro Breda, Andrea Berton, Paola Budel, Pietro Leemann, Paolo Lopriore, Michel Magada, Vittorio Beltramelli, Marco Soldati, Antonio Poli, Davide Oldani.

La rivoluzione di Gualtiero Marchesi
C’è un prima e un dopo nella storia della cucina italiana. E quello spartiacque che ha cambiato la nostra ristorazione ha un nome su cui nessuno discute. Perché il Maestro – appellativo che neanche troppo amava, anche se l’ambizione certo non gli mancava – è stato indiscutibilmente riconosciuto in questo suo ruolo decisivo di rottura.


Era uno chef visionario e i piatti da lui ideati continuano a confermarlo, anche dopo qualche anno dalla sua scomparsa (si è spento il 26 dicembre 2017 nella sua casa milanese). Tra i suoi piatti più celebri c’è di certo il Dripping di pesce, ispirato alle opere di Jackson Pollock, artista espressionista da lui amatissimo: la tela è maionese, calamari, vongole, pomodoro, clorofilla di prezzemolo e nero di seppia le pennellate.
Ma anche il raviolo aperto, forse il suo piatto più famoso in assoluto. Ideato nel 1982 si tratta di due sfoglie di pasta all’uovo, una al verde e l’altra con una foglia di prezzemolo incorporata. Tra le due sfoglie, capesante. Buonissimo cibo per il palato, bellissimi piatti per gli occhi, cucina per l’anima.